PASSATA E' LA NOTTE

In una straordinaria notte d'estate un cacciatore, smarritosi sulla via del ritorno, incontra un gruppo di cinque ragazzini: accudiscono, attorno al fuoco, una mandria di cavalli. Appartati sul fondo di un dirupo non lontano dall'ansa di un fiume si preparano a trascorrere la notte. E con loro in disparte il cacciatore. Rifulge di stelle il cielo senza luna. Nel silenzio nitido è ogni suono, ogni rumore: lo scorrere dell'acqua, la voce dei ragazzini, il crepitare del fuoco, il grido di un uccello, il tonfo d'un grosso pesce. D'un tratto il tono dei ragazzini cambia: non più le faccende del giorno prima al centro del loro parlottare. Altri divengono i discorsi. Ciascuno a turno prende a raccontare. All'inizio sono gli accadimenti arcani di una notte trascorsa in una vecchia cartiera a tenere banco in un'atmosfera thriller. Poi è l'infelicità di un uomo con la storia di un amore impossibile a catturare l'attenzione degli astanti. La tensione del gruppo cresce nel racconto del faccia a faccia con la morte in una terra considerata impura. L'ilarità esplode al termine di un'apparente funesta storia: la mancata fine di ogni cosa. Un tempo per riprendere fiato e la narrazione notturna prosegue con il ritmo lento di altre storie segnate da sentimenti di smarrimento e di nostalgia. La stessa che, quando la notte volge verso il mattino, spinge uno stormo di beccaccini a fare ritorno alle terre ove non v'è inverno, non v'è gelo, non v'è freddo, terre lontane, molto lontane... Vibrano nei racconti dei ragazzini le inquietudini, le oscillazioni della vita adolescente, che si spinge oltre i confini del mondo adulto per saggiarne prima di tutte le debolezze e i controsensi ma nel contempo l'immensa tenerezza. Sullo sfondo di un'ambientazione onirica riprendono vita tra timori e tremori, stupore e improvvise esplosioni di allegria, alcune tra le figure, che per secoli hanno abitato l'immaginario collettivo delle genti dell'Europa orientale. Il Domovoj, la Rusalka, Triska, il Vodjanoi... Preziosi frammenti di un mondo magico scorrono nelle ore della notte che sprofonda tra le acque stagnanti, i borri, i canneti, i boschi rigogliosi dell'inconscio. Come i fratelli Grimm, come il grande studioso di folklore Aleksander Afanasjev, nelle vesti del cacciatore, lo stesso autore del racconto, Turgenev, ascolta e annota nella memoria i racconti dei ragazzini, ripetendo così l'opera di rammemorazione, che ha dato corpo alla formazione delle culture popolari, attraverso i cui modelli si sono ritualizzate le fasi di passaggio dall'infanzia alla vita adulta. Nelle storie, che compongono la tessitura narrativa del racconto di Turgenev, vi è tutto il ribollire della vita che nel crescere vuol conoscere come stanno in verità le cose del mondo. Non importa se la Verità è scabrosa, dolente, avvolta nelle apparenze della fine. La notte, poi, con le sue ombre, con i suoi momenti di agitazione, di batticuore passa. La vita al mattino riprenderà il suo corso: il cacciatore, il cammino verso casa, i ragazzini di nuovo in groppa ai cavalli al galoppo. La messa in scena di una delle più belle pagine della letteratura russa non è solo l'invito a soffermarsi sulla fascinazione che la Natura ancora esercita, se si sa coglierne la bellezza, o sul valore del silenzio che tutto fa sentire, ma l'occasione per riflettere sulla “fatica e sull'ebrezza del diventare adulti”, dramma incancellabile della storia umana.